mercoledì, Marzo 22, 2023

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Regeni, sette anni fa il ritrovamento del corpo. La famiglia: “Basta gite e selfie servono quattro indirizzi”

ROMA – “Sette anni. Chissà cos’hanno tutti da nascondere per ostacolare la verità con tanta oltraggiosa determinazione. Abbiamo i nomi, abbiamo i volti di quattro tra i molti artifici di ‘tutto il male del mondo’. Ci manca la loro elezione di domicilio per celebrare finalmente un processo in Italia. Chi, ad ogni gita al Cairo, dopo i selfie e i salamelecchi di rito, si riempie la bocca di ‘collaborazione’ dovrebbe spiegare agli italiani perché tornano a casa sempre a mani vuote, incapaci di farsi dare anche solo 4 indirizzi. Sarebbe più dignitoso tacere”.

LEGGI ANCHE: Tajani incontra Al-Sisi al Cairo: “Rassicurato sui casi di Regeni e Zaky”

Così in un post sui social network hanno dichiarato Paola Deffendi e Claudio Regeni, la mamma e il papà di Giulio Regeni, il ricercatore di di Fiumicello scomparso al Cairo il 25 gennaio del 2016 e ritrovato morto dopo dieci giorni lungo il ciglio dell’autostrada che collega Alessandria alla capitale. Sul corpo del giovane, evidenti i segni delle torture. Il processo penale a carico di quattro agenti dei servizi di intelligence egiziani (Nsa), accusati dalla Procura di Roma del sequestro, delle torture e dell’omicidio del ricercatore, non si è ancora celebrato perché non è stato possibile ottenere il domicilio degli imputati.

I genitori aggiungono: “A furia di stringere le mani (e vendere armi) ai dittatori si rischia di trovarsi insanguinate anche le proprie. E di offendere la nostra dignità”. Il messaggio è firmato anche dall’avvocata della famiglia, Alessandra Ballerini.

REGENI. AMNESTY: 7 ANNI SENZA GIUSTIZIA, ITALIA NON SIA COMPLICE

“A sette anni da quel terribile giorno, c’è il rischio concreto che si abbia una verità senza giustizia. Se così sarà, le responsabilità saranno anche delle autorità egiziane, ma soprattutto di quelle italiane”. Sollecitato dall’agenzia Dire interviene così il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury sul caso di Giulio Regeni. La procura di Roma aprì un’inchiesta che si è conclusa col rinvio a giudizio di quattro funzionari dei servizi di intelligence egiziani. Il processo tuttavia non è potuto ancora iniziare perché il giudice non ha ottenuto l’indirizzo di domicilio dei quattro cittadini egiziani e pertanto sussistono dubbi sull’avvenuta notifica della convocazione, un punto che secondo i magistrati violerebbe i diritti dell’imputato alla giusta difesa.

Il portavoce di Amnesty continua: “Quella di oggi è una data terribile da ricordare è sarà seguita tra dieci giorni da un’altra molto importante: il 13 febbraio si deciderà se andare a processo contro i sospetti aguzzini di Giulio Regeni. Sappiamo che finora il processo non è iniziato perché le autorità italiane non sono state in grado di farsi dare, da quelle egiziane, i quattro indirizzi degli imputati. Se i rapporti tra Italia ed Egitto sono cambiati, lo sapremo alla fine di quella giornata; è purtroppo assai lecito avere dei dubbi”.
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